Mittermair

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In fatto e in diritto. Giuseppe Mittermair, da Nova Ponente, in provincia di Bolzano, falegname, venne assunto nel gennaio del 1944 al servizio del comando della polizia politica tedesca (S.D., o Sicherheitsdienst), e verso il giugno del medesimo anno fu destinato, come milite e con la divisa delle SS germaniche, al campo di concentramento di Bolzano, allora istituito. Nel nuovo servizio fu assegnato ai compiti di maggior fiducia, come adibito, non ai posti di guardia esterni o interni, ma alla disciplina interna del campo, con alcuni altri pochi militi fra i più fidati. Egli dichiara di aver avuto dette mansioni soltanto per qualche mese; però risulta, dalla deposizione del teste Anderle, che ancora nel marzo 1945 egli si aggirava nell’interno del campo, maltrattando gl’internati. Fu esso Mittermair, che pure non ha l’apparenza di uomo feroce, uno dei guardiani più temuti, come uno dei più freddi e crudeli seviziatori di italiani e di ebrei detenuti nei vari blocchi. Nessuno ha lasciato fra gl’internati ricordo più triste di lui, se si eccettuano qualche comandante germanico, col grado di ufficiale o di sottoufficiale, che aveva più ampi poteri sulla sorte dei detenuti, e i militi adibiti come sicari. Parecchi testimoni hanno deposto sulla sua attività, e molto più numerosi di quelli comparsi davanti i giudici sarebbero stati i suoi accusatori, se una più vasta indagine fosse stata consentita dalle esigenze di economia processuale e dalla identificazione e dal rintraccio delle sue vittime: si nota che il campo di Bolzano, nel quale furono successivamente rinchiusi oltre diecimila internati, era un campo di transito, dal quale gl’infelici ospiti di passaggio venivano nella maggior parte deportati in Germania, al noto campo di eliminazione di Mathausen [sic]. Come hanno confermato gl’internati Cantiero, Minieri, Pallaver, Frigo, Venuto, Degiampietro, Anderle ed altri. Egli era uno dei guardiani che si distinguevano già al mattino nel percuotere, specialmente al capo, con bastoni e con una grossa chiave, gl’internati all’uscita dalle baracche, quando nudi venivano inviati al bagno.

Durante la giornata i detenuti venivano da lui abitualmente percossi, con schiaffi, pugni, nervo di bue e frustrate. Intere squadre di internati la sera, al ritorno dal lavoro, appena rientrati al campo, mentre si trovavano sfiniti per le pesanti fatiche sostenute e per l’insufficienza del magro vitto ad essi somministrato, venivano da lui e da altri pochi guardiani, come hanno precisato il Frigo e il Degiampietro, costretti a strisciare col ventre a terra, come serpi, anche venti o trenta volte, per tutta la lunghezza di un cortile, e il Degiampietro, il quale eseguiva l’esercizio con difficoltà per un’anchilosi ad una gamba, venne da lui una volta ripetutamente colpito con un cinghione in varie parti del corpo, e con la fibbia della cinghia pure sul capo, con la conseguenza di una ferita sanguinosa. L’internato Minieri, riuscito una volta a fuggire, e costituitosi nuovamente per evitare l’internamento della fidanzata come ostaggio, venne da lui e da altri due guardiani sottoposto alla tortura di un forte getto d’acqua, e, svenuto, venne trascinato nudo sulla ghiaia del campo in modo da rimanere con la schiena piagata; il teste Cantiero fu da lui bastonato per aver voluto curare dopo tali sevizie il malcapitato. Tutti i testi di accusa hanno, poi, particolarmente deposto sulle sevizie alle quali egli sottoponeva il vecchio, settantenne, internato ebreo avvocato Loew. Il disgraziato veniva da lui ogni mattina percosso sul capo con la grossa chiave, in modo da portarne i segni del gonfiore alle parti colpite; veniva, inoltre, continuamente schiaffeggiato, colpito con pugni e calci, frustrato e battuto a sangue, sino a rimanere svenuto. Due volte il Mittermaier, con altri, gli pose il capo accanto alla ruota di un autocarro e di un pesante carretto, facendo mostra di volerglielo arruotare; una volta il motore del camion fu messo in moto per meglio simulare l’intenzione del misfatto. Tali gesti, ed altri, cagionavano al Loew improvvise defecazioni; parecchie volte i testi Cantiero, Frigo, Venuto, Degiampietro e Pitschiler videro il Mittermair fargli togliere i pantaloni e affondargli il viso nelle feci; il Cantiero lo vide anche costringere il povero avvocato a ingoiare le feci, ingozzategli col cucchiaio. Quando udiva il nome del Mittermair il Loew era preso da tremito, e una volta che ebbe contro il suo aguzzino parole di rivolta, fu seriamente minacciato di morte: gli disse che il Mittermair che esso Loew non sarebbe più stato in vita all’arrivo degl’inglesi. Una volta che il Loew per battiture rimase svenuto, l’imputato vietò ad altri internati di porgergli il vitto, mentre il poveretto si trovava immobilizzato nel giaciglio, con un blocco renale, in condizioni di non poter prendere una gavetta di rancio. Il Frigo vide l’imputato far cadere il Loew facendogli da dietro lo sgambetto mentre camminava e vide che contro il Loew il Mittermair aizzava anche il cane lupo del campo. Il Pitschiler vide l’imputato tenere il Loew lungo tempo in piedi immobile con due grossi sassi sotto le braccia. Il Degiampietro lo vide tenere il vecchio avvocato sull’attenti per cinque minuti, con la bocca aperta; intanto l’imputato gli sputava addosso, ed anche in bocca, sghignazzando. Il teste Oberrauch vide l’imputato schiaffeggiare il Loew e costringerlo a tirare per i lavori del campo un carro grande e pesante, mentre gli altri internati spingevano delle carriole assai più leggere. Il Loew venne poi deportato in Germania, e, secondo le notizie vaghe comunicate ai familiari del Prefetto della Provincia di Trento, già durante il regime tedesco-nazista, sarebbe morto in viaggio; di lui non si è più avuta alcuna notizia. L’infelice vecchio avvocato era ridotto come uno scheletro e mal si reggeva in piedi; le sue condizioni di salute furono certamente molto aggravate dagli speciali maltrattamenti a lui riservati dall’imputato; i testi hanno ricordato che, di seguito alle battiture subite, egli manifestava emorragie interne, emettendo sangue con le urine e con le feci.

Si rileva a carico del Mittermair che gran parte dei maltrattamenti venivano da lui usati contro gl’internati anche quando non erano presente i suoi superiori, e che non tutti i guardiani usavano contro i detenuti le brutalità da lui commesse, che si debbono pertanto ritenere almeno in parte determinate da sua personale malvagità.

[…]

Nell’attività spiegata dall’imputato, con una completa adesione ai più spietati metodi della Germania nazista, e con un contributo specifico all’opera di oppressione compiuta dall’occupante in Italia, si rilevano gli estremi di un caso molto grave e odioso del delitto di collaborazione allo stesso imputato ascritto, che si ritiene punibile a sensi dell’art. 51 del Codice penale militare di Guerra, per il quale è applicabile la pena di morte. Non è giustificata la domanda della difesa per una attenuazione di responsabilità a causa di semi-infermità mentale, non essendo risultato nel processo alcun indizio in tal senso. Tuttavia, in luogo della pena capitale, ammettendosi le attenuanti di cui all’articolo 62 bis del Codice penale comune, riconosciute per la condizione personale del Mittermair, optante in possesso del certificato di cittadinanza germanica, va applicata la pena di ventiquattro anni di reclusione, con la pena accessoria della interdizione perpetua dei pubblici uffici, ai sensi dell’art. 29 del codice penale. Lo stesso Mittermair va condannato al pagamento delle spese processuali e, a norma dell’art. 9 del D.L.L. 27 luglio 1944, numero 159, va ordinata la confisca dei suoi beni, a vantaggio dello Stato. Tenuto conto della pericolosità politica e sociale dimostrata dallo stesso Mittermair per i suoi brutali istinti, si ritiene applicabile allo stesso anche la misura di sicurezza della libertà vigilata, a sensi dell’art. 229 del codice penale comune.

Imputato del delitto di collaborazione col tedesco invasore ai sensi dell’art. 1 D.L.L. 22 aprile 1945 n.142, per avere in Bolzano, posteriormente all’8 settembre 1943, collaborato col tedesco arruolandosi volontario nella Gestapo e commettendo, quale guardiano del campo di concentramento di Bolzano atti di bestiali maltrattamenti e danno di numerosi internati e concorrendo con atti rilevanti a procurare la morte dell’internato avv. Loew, deceduto in conseguenza dei maltrattamenti ricevuti, mentre veniva trasferito nel campo di concentramento di Bolzano ad altro in Germania.

[…] lo condanna alla pena di ventiquattro anni di reclusione […]

ANNO:

1945

TRIBUNALE:

Corte Straordinaria di Assise di Bolzano

PRESIDENTE:

Dell’Aira Giulio

TIPOLOGIA DI ACCUSA:

Omicidio,

ACCUSATI:

Mittermair Giuseppe

VITTIME:

Loew Alessandro

COLLOCAZIONE:

Archivio Centrale dello Stato, Ministero di Grazia e Giustizia, Grazie, Collaborazionisti, b.39.