B. Luigi
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La corte in seguito all’odierno pubblico dibattimento, in prosecuzione dell’udienza 15 novembre, ritiene in fatto ed in diritto:
L’imputato B. Luigi, cinquantenne, vedovo con due figli, incensurato da ufficiale del R. Esercito, iscritto al P.F.R. dell’ottobre 1943 entrò a far parte della Polizia Repubblicana come Capitano dell’ISPA (polizia antipartigiana) e quindi quale funzionario alle dipendenze del Carnazzi, allora Prefetto ad Asti, fino al febbraio 1945, essendo in seguito ricoverato in una clinica con malattia con natura tubercolare, fino all’aprile.
L’imputato ha adempiuto servizio di polizia, tra l’altro dirigendo la requisizione ed asportazione di una automobile ai danni di certo Quaglino e cooperando al trucco in danno di padre Girotti, frate domenicano trasportato poi in Germania ed ivi deceduto, all’arresto del prof. Diena, pure trasportato in Germania ed ivi deceduto, all’arresto della signora Bona e di suo figlio, pure trasportato in Germania in un campo di concentramento dal quale riuscì a far ritorno, all’asportazione dell’argenteria, biancheria, quadri ed indumenti personali del prof. Diena, in parte defraudati dagli appartenenti all’Ispa ed in parte consegnati ai tedeschi.
Le risultanze del penale procedimento consentono di precisare le modalità del fatto Diena, specificatamente addebitato nel capo di imputazione al B. e la parte importantissima presa dal medesimo nell’esecuzione del delitto.
Una macchina, sulla quale si trovavano il maresciallo G. pure dell’Ispa ed il B., fintosi ferito e col braccio fasciato, si recava alla casa parrocchiale di via S. Domenico: il G. induceva il frate, che per altri precedenti raggiri aveva lasciato capire di conoscere il nascondiglio del prof. Diena di razza ebraica, ad accompagnare dal medesimo il ferito per l’urgente cura; il buon frate aderendo immediatamente, saliva sulla macchina e dava il recapito della villa Bona, dove era ospitato il professore; la macchina raggiungeva subito la villa; alla proprietaria Bona Felicina si narrava all’urgenza di cure mediche da parte del Diena al ferito, che continuava a recitare la sua obbrobriosa commedia lagnandosi e gemendo, mentre era dal frate, dal G. e dalla donna accompagnato nella camera del professore: questi, interpellato, rispondeva di esser il prof. Diena e stava avvicinandosi allo pseudo ferito per farlo sedere, quando qualcuno emetteva un fischio e la camera si trovava invasa da parecchi armati. Il Diena ed il frate venivano ammanettati ed arrestati con la signora Bona e suo figlio; la camera veniva perquisita, mettendo tutto sossopra. Alcuni agenti erano lasciati a custodire la villa, mentre gli arrestati erano tradotti all’albergo Nazionale, occupato dalle S.S. tedesche. Il Diena, il frate e la donna venivano messi in una camera con la faccia al muro: il B., sempre col braccio al collo, apostrofando il Diena “fuori l’orologio, perché le sterline le avete in Isvizzera”, gli toglieva l’orologio, il portafoglio ed altro, depositandoli sul tavolo. Dopo aver interrogato il frate, venivano introdotti in altra camera il Diena e la Bona: ivi vi era un tedesco ed un tavolino e l’interrogatorio seguiva in presenza del B.: la donna riceveva anche uno spintone ed uno schiaffo. La Bona era rilasciata dopo dodici giorni di carcere; gli altri erano incarcerati e poi tradotti in un lager tedesco, dal quale il frate e il Diena non fecero più ritorno. [illeggibile] giorni dopo è il B., non più ferito, che con alcuni [illeggibile] villa Bona, raccoglie tutti gli oggetti, anche quelli [illeggibile] prof. Diena, numera i bauli e le casse, prende anche la radio [illeggibile] Bona e trasporta tutto alla sede dell’Ispa in via Amedeo [illeggibile] i bauli vengono aperti e parte del contenuto asportato: il restante è recapitato ai tedeschi dell’albergo Nazionale; il valore della [illeggibile] refurtiva ascende a qualche milione di lire.
I fatti, come sovra enunciati, sono stati al dibattimento pienamente accertati [illeggibile] dalle deposizioni dell’ing. Diena, figlio di una delle vittime, dalla signora Bona Felicina e dalla signorina [illeggibile] Bona, nonché dalle stesse parziali ammissioni del medesimo B., per cui non si comprende l’insistenza della difesa di possibili equivoci tra l’imputato ed altri B. pure ufficiali della Polizia Repubblicana.
I fatti suddetti integrano gli estremi, materiale e morale, del delitto di collaborazionismo all’imputato ascritto.
Non deve invero spendersi parole per dimostrare, anche [illeggibile] l’indagine all’episodio contestato dell’arresto del prof. Diena, che tale fatto specifico ha favorito i disegni specifici del nemico, tra i quali primeggiava appunto la lotta contro la razza ebraica.
L’imputato, che rivestiva il grado di capitano della Polizia, dimostrata una speciale intensità di intenzione dolosa, prestandosi ad inscenare il trucco alla perfezione come dichiara egli stesso (per.3), per addivenire alla cattura, ciarlatanescamente fasciandosi il braccio sano ed alzando voci di lagno e gemiti di finto dolore. Egli agiva coscientemente per favorire i disegni politici del nemico invasore, a disposizione del quale ha tradotto l’infelice professore nonché parte della refurtiva, tradendo così ignominiosamente i doveri sacri del cittadino italiano, ponendosi al servizio del tedesco invasore del suolo italiano contro altri italiani.
La difesa ha chiesta l’assolutoria perché il fatto non costituisce reato, per avere il B., militare, agito per ordine dei suoi superiori, avendo egli dichiarato che l’arresto del prof. Diena ha effettuato per ordine del questore Pennacchio e del Commissario Giudice, i quali personalmente avrebbero diretta l’operazione.
Osserva anzitutto in fatto la Corte che si tratta di mere allegazioni dell’imputato, che non hanno valore alcuno di prova, tanto più quanto è notorio che nella polizia repubblicana era lasciata ai singoli molta autonomia ed iniziativa e non vi erano neppure veri gradi gerarchici.
La Corte osservava in diritto che non si trattava di autorità legittima né di ordini [illeggibile] legittimi, vincolanti i cittadini italiani e che gli ordini illegittimi potevano e dovevano essere sindacati. Il teste Lavezzi, pure ufficiale della Polizia Repubblicana fu pure dato ordine di recarsi a prelevare la refurtiva del prof. Diena, ma egli si rifiutò. Non vorrà mica il B. sostenere sul serio che non avrebbe potuto, egli capitano, rifiutarsi di fare il burattino fasciandosi il braccio sano ed emettendo i finti gemiti di un ferito! Con la tesi della Difesa, poiché il milite ubbidisce all’ufficiale, questi al Comandante, questi al Prefetto od al Questore, costoro al Ministro e questi infine al Capo del governo o della Repubblica Sociale Italiana, colpito il Capo Supremo, tutti gli altri dovrebbero esser immuni da pena, nonostante tutte le atrocità commesse, le stragi, le deportazioni, i patimenti e la morte di innumeri persone.
La Difesa ha chiesto l’applicazione del disposto dell’art.114 C.P.: ma fuori proposito, poiché l’opera prestata dal B. nell’esecuzione del reato non ha avuto minima importanza, ma bensì primaria, in quanto è stato l’attore principale, l’esca per la cattura del prof. Diena.
Ha chiesto infine l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche: ma l’intensità del dolo, la gravità del fatto e delle sue conseguenze dannose sconsigliano l’accoglimento dell’istanza ed inducono la Corte a ritenere congrua la pena in anni diciotto di reclusione, con tutte le conseguenze di legge.
Il B. deve pure rispondere del delitto di saccheggio addebitatogli col secondo capo di imputazione. Come ha ritenuto il P.M. al dibattimento esula nel fatto di asportazione di alcuni bauli da una villa privata l’estremo materiale [illeggibile] del delitto di saccheggio che richiede un’opera [illeggibile] di fatti di depredazione che sia [illeggibile] pubblico.
Si tratta [illeggibile] di un furto di rilevante valore commesso per scopo [illeggibile] il prof. Diena. E’ certo che i bauli furono [illeggibile] aperti alla sede dell’Ispa ed è [illeggibile] trafugati, mentre il restante fu consegnato ai tedeschi. Il trafugamento di quadri ad opera del commissario Giudice, in presenza del B., è accertato al dibattimento dal teste Lavezzi.
Però non ritiene la Corte che siasi raggiunta la prova sicura che il B. si sia appropriato od abbia acconsentito che altri si appropriasse degli oggetti asportati al Diena, prima della consegna ai tedeschi. Ne consegue che deve il B. essere assolto da questa imputazione per insufficienza di prove.
- a) del delitto p. e p. art. 58 C.P.M.G. per avere in Piemonte durante il periodo settembre 1943 - aprile 1945 quale Commissario di Polizia della I.S.P.A. (Ispettorato di Polizia Antipartigiana) prima, capitano delle brigate nere poi, e infine quale funzionario a disposizione del famigerato Prefetto Carnazzi, favorito i disegni politici del nemico tedesco invasore, cooperando direttamente il 14 agosto 1944 all’arresto del Prof. Giuseppe Diena, cittadino italiano di religione ebraica, determinandone così l’internamento in un campo di concentramento in Germania ove il Prof. Diena ha trovato la morte.
- b) del delitto p. e p. dall’art.419-61 n. 5 C.P. in relazione all’ art.1 D.L. 27/7/1944 n.159 per avere, col concorso di altri rimasti sconosciuti nella 2° quindicina dell’agosto 1944 commessi atti di saccheggi asportando dalla villa Bona di Cavoretto tutto quanto in essa si trovava di proprietà del Prof. Giuseppe Diena e senza il consenso del legittimo proprietario delle cose saccheggiate approfittando della situazione creata dal fascismo e di circostanze tali da rendere impossibile la pubblica o privata difesa e cagionando alla parte offesa un danno patrimoniale di rilevante valore.
Ritiene colpevole B. Luigi del reato ascrittogli al I° capo di imputazione e lo CONDANNA alla pena della reclusione per anni. DICIOTTO, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale durante la pena, nonché alla libertà vigilata a pena scontata ed il pagamento della spesa processuale. E’ codificata la rubrica del delitto ascrittogli del 2° capo di imputazione del delitto p. e p. dagli art.624.625 n°7 C.P. V° art.479 C.P.P. lo ASSOLVE da tale delitto per insufficienza di prove.
ANNO:
1945
TRIBUNALE:
La Corte Straordinaria di Assise di Torino
PRESIDENTE:
Enrico Livio
TIPOLOGIA DI ACCUSA:
Arresto,
ACCUSATI:
VITTIME:
COLLOCAZIONE:
Archivio di Stato di Torino
BIBLIOGRAFIA:
Valerio Morello, Morire "per i fratelli maggiori". ESD, Bologna 1988. Bracha Rivlin, I giusti d'Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-45 (a cura di Israel Gutman, ed. it. a cura di Liliana Picciotto), Milano, Mondadori, 2006, pp. 143–144 Paolo Risso, Un domenicano a Dachau. Profilo biografico di Padre Giuseppe Girotti, Bologna, ESD, 1986