B. Enrica

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In fatto e in diritto

Bono Giovanni con dichiarazione 4 maggio 1945 accusò B. Enrica di averlo denunziato al Commissario Prefettizio di Santa Valeria Pionti Gino quale favoreggiatore di ebrei. Soggiungeva che per effetto di tale delazione la sua abitazione fu ripetutamente perquisita ed egli stesso arrestato.

Con dichiarazione del giorno 5 maggio anche Caremi Dina maritata Gatta lamentando che la B. aveva alle autorità fasciste di Santa Valeria denunziato contro verità che il Bono predetto nascondeva presso la di lei abitazione roba di ebrei. Anche la Caremi affermava che la sua casa era in conseguenza ripetutamente perquisita e che essa ed i familiari erano stato minacciati di arresto e di deportazione.

Certi Sormani Pietro e Sormani Carlo, fratelli, informavano che il 13 dicembre 1944 la B. aveva indicato ad un milite della Brigata nera la loro abitazione e che in seguito a ciò essi subirono perquisizione domiciliare. Finalmente Sormani Giovanni dichiarava che nell’agosto 1944 durante una sua fuga alla Colma del Piano per sfuggire ai fascisti fu notato dalla B. e che la sera stessa la sua casa era stata perquisita, desumendo da ciò che la segnalazione era stata fatta dalla B..

Costei ha energicamente negate le predette accuse, assumendo che i sospetti son nati dal fatto che essa frequentava l’ufficio ed anche la casa del commissario Pionti. Ha spiegato che frequentava l’ufficio per ragioni varie: perché erano in corso pratiche amministrative per un eventuale impiego, essendo quanto mai esigue le risorse che ritraeva dalla gerenza di una trattoria nel paese, per sollecitare la locazione di un appartamento, per riscuotere una certa somma dovutale per il servizio di mensa delle brigate nere, ed altro; mentre nella casa del commissario si recava perché essa e sua madre eseguivano dei lavori a maglia per conto della moglie del Pionti. Quanto alle accuse specifiche affermava che erasi limitata limitata a dire ad un maresciallo della G.N.R. che le chiedeva ove si trovava il Bono Giovanni di averlo visto pochi minuti prima avviarsi in casa della fidanzata e d’avere ciò ripetuto in un confronto che si fece il giorno dopo.

E’ poi completamente negativa sulle altre accuse.

La Corte ha osservato come quelle non siano sorrette da prove sicure e convincenti.

In merito a quella formulata dal Bono, costui insiste nell’affermare che la Bondi, nel confronto, ebbe a dire di averlo inteso uscire di notte, e che il mattino seguente d’averlo visto uscire mentre teneva in mano un golfino rosso di proprietà di ebrei sfollati in paese. Or se anche così fosse non per questo ne deriverebbe una responsabilità penale a carico della B., in quanto l’aver detto che il Bono era uscito di notte non era per lui un fatto delatorio e l’averlo visto con un golfino rosso in mano era circostanza vera, e, infine, che questo fosse di proprietà di ebrei poté la B. averlo detto in piena buona fede dapoiché lo stesso Bono dichiarava che era noto in paese che la brigata nera aveva fatto una perquisizione in casa di ebrei e si sapeva che il golfino rosso si apparteneva a costoro.

Quanto all’accusa dei Germani Sormani Pietro e Sormani Carlo essa si basa sulla parola di Caremi Imma la quale a sua volta avrebbe appreso il fatto della segnalazione dell’abitazione dei fratelli Sormani ad un milite della brigata nera da parte della B. da tale Prato Maurizio oggi non [illl.] comparso a confermare la circostanza. […]

Imputata del delitto di cui all’art. 5 D.L.L. 27 luglio 1944 n. 159 in relazione all’art. 1 D.L.L. 22.4.45 n.142 e punibile ai sensi dell’art. 58 C.P.M.G. per avere in Sormano di S. Valeria, posteriormente all’8 settembre 1943, collaborato col tedesco invasore fornendo informazioni sull’attività di partigiani e di favoreggiatori di ebrei alle autorità poliziesche militari fasciste di Sormano che disponevano perquisizioni dei civili e l’arresto di Bono Giovanni.

In seguito al pubblico e odierno dibattimento svoltosi in contradditorio dell’imputato e del suo difensore, sentiti i testi, il P.M., la difesa e l’imputato che per primo ed ultimo ebbe la parola.

P.Q.M.

Letto l’art. 475 c.p.p. assolve B. Enrica dall’imputazione ascrittale per insufficienza di prova e ne ordina la scarcerazione se non detenuta per altra causa.

ANNO:

1945

TRIBUNALE:

Corte di Assise Straordinaria di Como

PRESIDENTE:

Levi Ettore Raffaello

TIPOLOGIA DI ACCUSA:

Delazione,

ACCUSATI:

B. Enrica

VITTIME:

Bono Giovanni

COLLOCAZIONE:

Archivio di Stato di Como, Corte di Assise Straordinaria, Sentenze, b.1