A. Primo

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La locale Questura con rapporto del 15 febbraio u.s. denunziava l’A. per reato in epigrafe, precisando che egli, impiegato del Comune nell’ufficio carte d’identità, aveva nel periodo nazifascista compiuta opera di delazione a danno di antifascisti e di ebrei a fine di lucro, per aver provocata la liberazione degli arrestati su indicazione per contro compensi in denaro.

Specificava che per la sua delazione erano stati arrestati dai militi delle S.S. gli impiegati comunali [ill.] Paolo, Bianchieri Dante, Cecchi Giovan Battista, Dufrotti [?] Gino ed inoltre Sanesi Luigia, frequentatrice del Bar Duomo, anche da lei frequentato.

Portato a rispondere del reato contestatogli, l’A. ha respinto l’accusa.

Ma, almeno nei confronti degli impiegati del Comune, la responsabilità dell’A. è rimasta provata, salvo per quanto concerne il Dufrotti. Costui infatti era ricercato perché un figliolo di lui non aveva risposto alla chiamata alle armi, disposta dal sedicente governo repubblicano, ed ha sollevato il sospetto che a dare informazioni sul figlio fosse stato l’A. Viceversa il [ill.] ha dichiarato che fu proprio l’A. a dire, mettendogli una mano sulla spalla ed indicandolo ai militi: “costui è un comunista e quindi va pure portato in via Foscolo”, cioè dove era il comando delle S.S. alle dipendenze del famigerato Carità. E per quanto concerne il Bianchini e il Cecchi, risulta che il contegno contrario al regime, da costoro esternato dopo il 25 luglio 1943, era stato dall’A. denunziato. Ne manca la prova che l’A. siasi vantato di rastrellamenti e abbia mostrati biglietti di banca, di cui non sarebbe agevole spiegare la provenienza (testi [ill.])

Senonché l’assicurazione del Checchini, di aver dietro consiglio di un suo fratello fascista repubblicano, ora deceduto, ottenuta la libertà dopo l’erogazione di diecimila lire al medesimo, che gli disse di aver passato la somma a tal [ill.], membro influente della associazione per delinquere capitanata dal Carità, non consiste prova che la somma sia in tutto o in parte andata a finire nelle tasche dell’A.

Non è provato pertanto quel fine di lucro, che osterebbe alla concessione dell’amnistia elargita col D. Presidenziale 22.6.1946, n.4

Imputato del reato di cui all’art. 4 D.L.L. 27.7.1944 n.159 in relazione all’art. 58 C.P.M.G. perché in Firenze in epoca posteriore all’8 settembre 1943 collaborò col tedesco invasore facendo opera di delazione alle S.S. italiane e fra l’altro denunziando ebrei e alcuni colleghi d’ufficio

Letti gli art. 479, 591 [ill.] Dichiara non doversi a procedere a carico di A. Primo in ordine al delitto ascrittogli per essere esso estinto per amnistia.

Ordina l’immediata scarcerazione dell’A., se non detenuto per altra causa.

ANNO:

1946

TRIBUNALE:

Corte di Assise di Firenze, Sezione speciale

PRESIDENTE:

Moscati Francesco

TIPOLOGIA DI ACCUSA:

Delazione,

ACCUSATI:

A. Primo

VITTIME:

COLLOCAZIONE:

Archivio di Stato di Firenze, Sentenze della Corte di Assise Straordinaria

BIBLIOGRAFIA:

Riccardo Caporale, La «Banda Carità». Storia del Reparto Servizi Speciali (1943-45", Edizioni S.Marco Litotipo, Lucca, 2004