M. Giulio

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Ritenuto in fatto che il 26 aprile 1945 in Cassano d’Adda, i volontari del Comitato locale di liberazione fermavano il Brigadiere della Guardia Nazionale Repubblicana M. Giulio, e, con rapporto del 4 maggio seguente riferivano che questi, nell’esercizio delle funzioni inerenti alla suddetta sua qualità, si era dimostrato particolarmente “zelante” al punto di, denunciare un comandante del locale presidio tedesco perché aveva rilasciato in libertà tre prigionieri di guerra. Informavano, inoltre, che lo stesso M. si era posto a servizio della Wehrmacht fin dalla metà del Settembre 1943, epoca nella quale erano arrivate a Cassano le truppe Germaniche e che il Marzo 1945, nella circostanza in cui 4 individui erano stati fucilati nello stesso paese per rappresaglia, aveva tenuto un contegno “provocatore” nei confronti della popolazione indignata per l’eccidio avvenuto. Aggiungevano infine, che prima del Settembre 1943 il M. era stato allontanato dal posto che occupava quale impiegato del Municipio di Cassano perché sottoposto a procedimento penale per concussione. Trattenuto in arresto ed interrogato l’11 maggio 1945 dal rappresentante il P.M. presso la Sezione speciale della Procura Generale di Milano il M. ammetteva di essere stato Brigadiere della G.N.R. ed iscritto al Partito Fascista Repubblicano respingeva invece, le accuse mossegli nel verbale informativo suddetto ed al riguardo, spiegava che i tre prigionieri dei quali ivi è cenno si erano presentati a lui e egli stesso li aveva, aderendo a loro richiesta, accompagnati al Comando del presidio Germanico, che li aveva ammessi al lavoro in Cassano. Affermava, inoltre, di avere prestato servizio nella G.N.R. quasi sempre in ufficio quale furiere di Compagnia, e, pur ammettendo di essere stato, prima di arruolarsi nella formazione suddetta, sottoposto a procedimento penale per concussione, asseriva di essere stato, da tale addebito, pienamente prosciolto. Tradotto avanti questa Corte Straordinaria di Assise per rispondergli del resto ascrittogli come in epigrafe il M. ha confermato le dichiarazioni rese nell’interrogatorio dell’11 maggio, precisando di essere entrato a far parte della G.N.R. col grado di Brigadiere per imposizione fattagliene dal Comando Tedesco di Cassano, essendo egli già appartenente alla Milizia Volontaria per la sicurezza nazionale e già iscritto, dal 1933 quale ex combattente, nel P.N.F. Ha contestato, però, come non rispondenti al vero le notizie riferite a suo riguardo in altro rapporto informativo a firma “Bettini Piero” esibito dal P.M. all’udienza, nel quale gli si attribuiscono le qualifiche di fascista ante marcia, di sciarpa littorio munito di brevetto della Marcia su Roma e lo si accusa di avere partecipato alla persecuzione degli ebrei, di aver dato indicazioni sui luoghi nei quali si tenevano nascosti i cosiddetti “disertori” e sul rifugio del partigiano Bettini Cesare (fratello del firmatario del rapporto) attivamente ricercato dalla Ghestapò tedesca: di essersi tenuto a contatto in Monza con le S.S. Germaniche e di avere, nella prima decade dell’Aprile scorso, eseguito con la rivoltella in pugno una minuziosa perquisizione nel domicilio di esso Bettini e del fratello Cesare. Senonchè nell’udienza del 24 Maggio alla quale il dibattimento è stato rinviato per accertamenti ulteriori anche in relazione all’esposto scritto di certo Gatti Guglielmo, pervenuto al P.M. di udienza e da questo esibito, Bettini Piero, sentito come teste, ha prodotto tre dichiarazioni rispettivamente firmate da certi Vulpes Massimo, Varisco Emilio e dal Torta Enrico, i quali spontaneamente comparsi all’udienza stessa sono stati, su richiesta del P.M. sentiti ed hanno confermato, in ogni loro parte le dichiarazioni suddette, ribadendo così le accuse mosse dal Bettini, nel suo rapporto informativo, al M.. La Corte osserva che dalla disposizione dei testi escussi la responsabilità dell’imputato in ordine al resto ascrittogli risulta pienamente provata: Bettini Piero ha riferito che a due perquisizioni operate dal locale Comando Tedesco nella sua abitazione in Cassano, la prima volta per ricercare il fratello suo Cesare capo di un gruppo di partigiani e la seconda volta per rintracciare lui stesso, prese parte attiva il M.; e, pur non potendo fornire elementi precisi per affermare che fosse stato segnalato da esso M. la presenza in casa del fratello Cesare, ha chiarito che questi era tornato in paese da cui era appena partito, cade la ragionevole supposizione che di ciò il Comando operante dovesse essere stato informato da persona del luogo che col Comando stesso si trovasse, come si trovava il M., in diretti, immediati e continui rapporti. Il teste ha precisato inoltre, che nella seconda perquisizione il M. ispezionò minuziosamente il giardino adiacente all’abitazione, impugnando la rivoltella e rivelando così l’animosità che nutriva verso di lui e la solidarietà che lo legava ai suoi persecutori tedeschi. Il Bettini ha prodotto anche l’elenco degli oggetti che furono trovati il 4 Maggio 1945 nell’abitazione del M. dopo il suo arresto e che si sospetta siano stati sottratti agli ebrei residenti in Cassano. Tale sospetto non ha trovato conferma in alcun elemento sicuro di prova: ma poco persuasiva appare, tuttavia la spiegazione che, in ordine alla loro provenienza ed appartenenza ha dato il M., specialmente quanto agli astucci vuoti che, a suo dire, sarebbero stati dati a suo figlio in compenso di sue prestazioni. La deposizione del Vulpes fornisce, per altro, ben più gravi elementi per ritenere che nella persecuzione delle due famiglie di ebrei una delle quali imparentata con la moglie del teste e “sfollata” con lui in casa del M., questi abbia perfidamente coadiuvato le S.S. tedesche: il 16 Novembre 1943 tutti i componenti di quelle due famiglie in numero di nove, fra i quali un bimbo di pochi mesi, furono tratti in arresto dal Maresciallo Koch di quella formazione germanica e nella stessa occasione il M. fu visto scendere nel cortile della casa dove l’arresto era stato operato, a braccetto con lui, sorridente e ciarliero! Gli indumenti e la biancheria degli arrestati furono lasciati al M. in compenso della delazione da lui fatta ed in parte furono da lui stesso venduti sul luogo, del che si andò, poi, vantando col vicinato sua figlia! Varisco Emilio ha deposto che, nel Marzo 1945, incaricato di trasportare al cimitero le salme di cinque patrioti fucilati dai repubblicani per ordine dei tedeschi, incontrò nel ritorno in paese il M. che gli chiese se avesse portato via “le cinque bestie”. E dal contegno cinicamente ributtante tenuto in quella circostanza dall’imputato è testimone anche Gatti Guglielmo, il quale nel giorno stesso dell’eccidio gli sentì dire a certo Ferrari: “Sei andato a vedere quei maialacci che sono lì a terra?” Il fatto ha riferito, inoltre, di aver saputo dalla moglie del Ferrari che il M. aveva fatto arrestare certo Colognesi Bonifacio come pericoloso sovversivo, sol perché si adoperava a raccogliere fra gli operai della Pirelli, denaro per sovvenzionare i reparti dei partigiani. Lo stesso teste ha, pure affermato che, dopo l’8 Settembre 1943 il M. andava ricercando, per consegnarli ai tedeschi, i soldati sbandati ed ha confermato, infine, che l’imputato fece di tutto per allontanare da Cassano provocandone, poi, la sostituzione, il Comandante Germanico che impietosito delle tristi condizioni di quegli sbandati li rimandava in famiglia dopo averli rifocillati. Da ultimo Valtorta Enrica, moglie del nominato Colognesi Bonifacio ha confermato che fu proprio il M. a denunciare e a far arrestare il marito dalla Ghestapò sotto l’accusa di attività sovversiva per la raccolta di fondi fatta fra le maestranze della Pirelli a beneficio dei partigiani in azione sulla montagna della Valsesia. Pare, pertanto, alla Corte che l’attività svolta dall’imputato concreti in modo evidente, in tutti i suoi estremi obbiettivi e subbiettivi, il reato di collaborazione col tedesco invasore previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944 N°159 in relazione all’articolo 1 del decr. leg. luogotenenziale 22 aprile 1945 N°142 e punito ai sensi dell’articolo 58 del codice militare di guerra in relazione all’ultima ipotesi del capoverso 3° dell’articolo 1 citato, non potendosi dubitare per quanto è risultato dalle testimonianze raccolte e sopra riassunte, che tale collaborazione, egli abbia prestato volontariamente e consciamente. Ciò stante, ed avuto riguardo alle modalità del fatto, all’ intensità del dolo, alla condanna precedente dell’imputato ed al suo comportamento in giudizio, la Corte ravvisa congiura nei suoi confronti la pena della reclusione per anni diciotto. Al condannato fanno carico a norma di legge le spese processuali e la tassa di sentenza.

Di avere posteriormente all’8 settembre 1943 in Cassano d’Adda mediante aiuto prestato al Tedesco invasore quale brigadiere della G.N.R. mettendosi al servizio della Wehrmacht, denunciando il comandante del presidio perché aveva rilasciato tre prigionieri di guerra, tenendo un contegno provocatore in occasione della fucilazione, per rappresaglia, di quattro individui nel 31/03/1945, commesso il delitto contro la fedeltà e la difesa militare dello Stato previsto dall’Art.5 del Dec. Leg. Luog. 27/07/1944 N°159 in relazione all’Art.1 del Dec. Leg. Luog. 22/04/1945 N°142 e punito ai sensi dell’Art.58 cod. pen. di guerra, in relazione all’ult. ipotesi del Capov. 3°dell’Art.1 citato.

Per questi motivi letto ed applicato gli art.483.488 e.p.p., l’art. 5 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944 N° 159 in relazione all’Art.1 del decreto leg. Luogotenenziale 22 aprile 1945 N° 142 e l’Art. 58 del codice penale militare di guerra.

Dichiara M. Giulio fu Francesco colpevole del resto scrittogli come in epigrafe e la condanna alla pena della reclusione per anni diciotto. Lo condanna, inoltre, al pagamento delle spese processuali e della tassa di sentenza.

ANNO:

1945

TRIBUNALE:

Corte d’Assise straordinaria del circolo di Milano

PRESIDENTE:

Marantonio Luigi

TIPOLOGIA DI ACCUSA:

Arresto,

ACCUSATI:

M. Giulio

VITTIME:

COLLOCAZIONE:

Archivio Centrale dello Stato, Ministero di Grazia e Giustizia, Detenuti politici, b.37